Arthur ELSLEY (1860-1952): FALSO ALLARME. I timori relativi all’Italia e al confronto tra Pechino e Washington sono rientrati anche se sarebbe eccessivo dire che sono definitivamente rientrati.
Le pressioni su Huawei sono state in buona parte allentate e l’idea di applicare nuovi dazi appare rientrata. La Cina ha parlato di maggiori acquisti di soia americana, ma la quantità non sembra, come dire, quella necessaria. L’Italia ha evitato la procedura d’infrazione, ma è probabile che il tema venga risollevato nei prossimi mesi. In USA rimangono buoni i dati relativi al mercato del lavoro e si parla di ribassi dei tassi, resta impressionante il numero di titoli di Stato decennali con rendimento negativo. Gli investitori guardano con attenzione alla riunione della FED di fine luglio.
Ad Osaka, così come era successo al G20 di Buenos Aires a dicembre… , è stata stabilità una tregua. Rimangono i dazi già introdotti non esiste una data di scadenza per le nuove trattative, ma non si estendono le tariffe e viene sostanzialmente graziata Huawei.
Trump, che tra poco più di un anno tenterà, come sappiamo, di essere rieletto, ha tenuto conto delle pressioni del mondo imprenditoriale statunitense in particolare di quello agricolo e di quello dei fornitori di Huawei(*) . Gli agricoltori hanno beneficiato di generosi sussidi, ma hanno anche riportato danni e l’Iowa ed i limitrofi Stati agricoli sono tra quelli che hanno consentito l’elezione dell’attuale inquilino della Casa Bianca. In realtà al momento non è chiara la quantità di soia che Pechino si sarebbe impegnata ad acquistare. Rimangono intatti tutti gli aspetti del confronto tra Cina e Pechino, ma anche i motivi che inducono entrambe le parti alla prudenza. Il confronto, se vogliamo, comprende anche la parte militare con la Cina che sta cercando di rafforzare la propria flotta navale. Attualmente ha 300 navi contro le 287 di Washington che, però ha 11 portaerei tecnologicamente avanzate a fronte dell’unica, di fabbricazione sovietica, a disposizione di Pechino che ne avrà un’altra nel 2020 questa volta interamente fatta in casa. Una terza sarebbe già in costruzione. Gli USA continuano a tenere buoni rapporti con Taiwan e la Cina coltiva un’intesa con Mosca anche nell’ottica di poter sviluppare una via di navigazione attraverso l’Artico, qualora prosegua lo scioglimento dei ghiacci, in modo da avere una rotta verso l’Europa che si dimezzi da 13.000 a 6.000 miglia nautiche per giunta lontane dall’influenza statunitense. I motivi che inducono alla prudenza sono, ad esempio, nell’intersecarsi delle filiere produttive: si pensi alle cosiddette terre rare che pur esistendo in diversi paesi vengono lavorate quasi esclusivamente in Cina dove è presente una legislazione più clemente nei confronti delle conseguenze dell’inquinamento connesso al loro processo di lavorazione. Sono strategiche in quanto sono la chiave per le tecnologie più avanzate: auto elettrica, fibre ottiche, difesa ed altro ancora. La Cina ha un proprio interesse a regolamentare la protezione dei brevetti anche perché molte aziende, persino cinesi, stanno trovando conveniente andare in Vietnam o in Tailandia.
Ormai tutti sappiamo quanto siano importanti i cinesi per la loro partecipazione alle aste del debito pubblico statunitense, ma anche la Cina ha bisogno che la FED mantenga una politica monetaria espansiva per poter aiutare il proprio sistema bancario che non ha esattamente uno stato di salute brillante. Inoltre per le banche cinesi è importante non essere escluse dai circuiti finanziari internazionali cosa che, per altro, rischia di succedere ad alcuni istituti di Pechino che avrebbero aiutato la Corea del Nord. Potrebbero essere escluse dal sistema di clearing e dal sistema SWIFT che regola le transazioni internazionali.
I mercati si attendono il taglio di un punto dei tassi controllati dalla FED da ora alla fine del 2020 anche se Morgan Stanley parla di un sentiero stretto nel senso che si attende che subito dopo tornino a rialzarsi.
A giugno sono stati creati oltre 220.000 nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti ed è ragionevole parlare di un’economia che non ha bisogno di troppi stimoli!
Dopo l’uscita del dato, i mercati hanno portato le loro aspettative di taglio dei tassi a fine mese da 50 a 25 punti base.
Recentemente si è tornati a parlare di “conflitto” tra mercato azionario e mercato obbligazionario nel senso che il loro andamento, per altro concordemente al rialzo (!), punta a due scenari contrapposti. Il mercato obbligazionario segnala una recessione, per arginare la quale si preparerebbe una nuova fase di ribasso dei tassi che potrebbe iniziare con la riunione della FED prevista a fine mese mentre il mercato azionario mantiene un ottimismo di fondo contando su un mondo di bassi tassi di interesse e scarsa inflazione. I tassi sono sicuramente bassi, venerdì scorso erano negativi i rendimenti decennali tedeschi, per la precisione rendevano “-0,44%”(**) e per avere un rendimento positivo, prestando soldi a Berlino, bisogna aspettare più di 15 anni (!); negativi anche i titoli decennali olandesi, svedesi, svizzeri, belgi, finlandesi, austriaci, francesi e danesi.
L’ottimismo dei mercati azionari potrebbe essere eccessivo se non altro in rapporto alle valutazioni raggiunte che appaiono ormai alte. UBS, relativamente al mercato europeo, parla apertamente di prezzi eccessivi, naturalmente questo, come dire, non vuol dire nulla di concreto: il termine overshooting esiste appositamente per definire quelle situazioni in cui i mercati quotano a lungo oltre quelle che sarebbero le valutazioni ottenute scontando gli utili futuri (!). La stessa banca svizzera parla di una situazione in cui le azioni rimangono più attraenti rispetto alle obbligazioni. L’esperienza insegna che quando le quotazioni sono eccessive è quasi sempre un evento esterno, per lo più di natura geopolitica, ad innestare una correzione e torniamo, quindi, ai soliti argomenti… !
A Londra la corsa per la leadership del partito conservatore è ormai ridotta a due nomi: gli iscritti al partito stanno già votando per corrispondenza quello che sarà il nuovo primo ministro e che dovrebbe cercare di portare avanti la Brexit per quanto possibile, ma non è escluso che si debba arrivare a convocare nuove elezioni. Vale la pena ricordare che la May avrebbe potuto cavarsela se non avesse avuto nella propria maggioranza una pattuglia di unionisti (nel senso di unire l’Irlanda del Nord a Londra) che temono decisioni che possano portare ad un unico governo nella più piccola delle due isole britanniche. Il clima, diciamo così, resta incerto. Qualcuno rimpiange la mancanza di una Costituzione scritta in grado, ad esempio, di stabilire se effettivamente il potere spetti al popolo col referendum o al parlamento. Al momento a Londra non c’è una maggioranza per un secondo referendum, né per uscire senza un accordo e neanche per approvare l’accordo al momento in discussione. Accordo che vede gli inglesi accettare di pagare quanto richiesto dall’Europa, ma non l’idea di avere un backstop, ossia la possibilità che si formi, sia pure come ultima ipotesi, un confine in Irlanda. Come sappiamo gli accordi del Venerdì Santo del 1998 escludono questa possibilità. Interessante notare che l’accordo prevede pure un referendum consultivo per unire l’Irlanda nel momento in cui i cattolici dovessero raggiungere la maggioranza cosa che la demografia prevede si realizzi tra 10 anni. Va anche detto che l’allungamento dei tempi, comunque ha favorito la possibilità di studiare gli aspetti più problematici della Brexit e non manca chi tende a sdrammatizzare ricordando che Londra non si è mai sentita europea e che era entrata dopo un altro referendum e dopo un periodo di anticamera imposto dai francesi e rimosso dagli USA. Rimane, per così dire, molto complicato per gli inglesi tornare al 1915, momento della loro massima espansione, ma appaiono determinati a “provarci” per quanto si possa ricordare loro che al momento non hanno molto da esportare e che gli scambi che avevano all’interno dell’impero erano legati alla loro potenza militare e non a quella commerciale! Qualcuno sostiene anche che l’idea della Brexit sia quella di salvaguardare il Regno Unito dalle sirene europee che ne favorirebbero la disgregazione: Edimburgo voleva lasciare Londra per andare incontro a Bruxelles!
Come sappiamo l’Italia ha evitato, per ora dicono i pessimisti, la procedura d’infrazione grazie ad una manovra di assestamento, o correttiva che dir si voglia, di 8 miliardi e all’impegno a ridurre il deficit pubblico. Quest’ultima promessa sarà controllata con attenzione dalla Commissione europea già in autunno. Al momento anche lo spread si è ridotto notevolmente anche se rimane alta l’incertezza su come potranno tornare i conti nel 2020. I nodi che potrebbero venire al pettine sono principalmente i 18 mld di privatizzazioni annunciate e la volontà di non aumentare l’IVA.
Tra i motivi di tensione geopolitica dobbiamo inserire anche l’Iran per il quale è probabile che si arrivi ad una missione marittima internazionale per proteggere quella che è una delle rotte fondamentali per il trasporto del petrolio. Un’iniziativa simile ci fu già ai tempi del conflitto tra Iran ed Iraq. A fianco degli USA contro Teheran sono schierati, in prima linea, sia Israele che l’Arabia Saudita. Gerusalemme per rispondere ai continui annunci di volerla cancellare dalla carta geografica. La seconda per via dell’antica rivalità tra sciiti e sunniti e, più concretamente, per poter vincere la guerra per procura che sta conducendo in Yemen e che le sta assorbendo notevoli energie.
(*) Quella di Huawei è una realtà decisamente particolare. Si tratta di un’azienda nata 31 anni fa che inizialmente ha faticato a trovare un mercato al punto di essersi specializzata nel portare le infrastrutture per le telecomunicazioni in aree remote della Cina. Dichiara di avere un azionariato diffuso al punto che il fondatore avrebbe poco più dell’uno per cento. Non è quotata. Gli azionisti sarebbero i dipendenti che hanno scelto di esserlo e che sono portati ad uscire dall’azienda a 45 anni presumibilmente con un pacchetto azionario di enorme valore, ma senza TFR. Ha un gran numero di brevetti per la costruzione delle reti 5G molti più dei suoi principali concorrenti: Nokia, Ericsson e Cisco, ma è largamente indietro nel costruire semiconduttori di cui si rifornisce a Taiwan e negli USA. Investe 15 miliardi di dollari all’anno in ricerca ed ha disposizione un enorme numero di ingegneri provenienti dalle università cinesi. Collabora attivamente con le altre aziende tecnologiche anche statunitensi e questo, probabilmente, giustifica le pressioni fatte su Trump.
(**) Un numero questo che ha fatto scalpore in quanto ha superato, al ribasso, il tasso di deposito presso la BCE pari a “-0,4%” . In pratica se una banca commerciale decide di parcheggiare la propria liquidità presso la BCE ci perde qualcosa. In realtà non è corretto parlare di decisione: tutta la liquidità in eccesso rispetto a quella utile a far fronte alle richieste della clientela viene automaticamente tenuta presso la BCE.
G.G e M.R.
Questo articolo si basa su dati di pubblico dominio ritenuti attendibili, ma suscettibili di modifiche improvvise. Intende proporsi come ausilio alla comprensione dei movimenti dei mercati finanziari. Non vuole essere in alcun modo uno strumento di analisi o uno studio, né intende sollecitare qualsiasi operazione di compravendita di prodotti finanziari. Si ricorda che ogni risparmiatore deve basare le sue decisioni d’investimento su una propria convinzione. Questo Blog si limita a presentare una sintesi delle opinioni diffuse sui mercati finanziari.