Non sono attesi cambiamenti di politica monetaria della riunione del 3 febbraio del consiglio direttivo Bce dopo che a dicembre i governatori hanno comunicato per il 31 marzo la fine degli acquisti netti di titoli nel corso del Pepp.
Nonostante i recenti rialzi dell’inflazione, la Bce considera la corsa dei prezzi come temporanea e destinata a essere riassorbita nel corso dell’anno per poi tornare di poco sotto il 2% nel 2023-24.
Christine Lagarde, probabilmente affermerà che un rialzo dei tassi nel 2022 è improbabile.
Molti analisti credono che la Bce resterà alla finestra per tutto il 2022. La prima stretta è prevista a giugno 2023, quando è messo in conto un primo aumento dei tassi di 20 punti base.
Ma la flessibilità resta il mantra della Banca centrale europea nel primo bollettino del 2022, pur non essendo previste decisioni di politica monetaria.
Intanto la Bce, come la Fed americana, dedica più attenzione all’economia reale e al lavoro.
Sui mercati gli indicatori indicano “una significativa rivalutazione delle aspettative di rialzo dei tassi da parte degli operatori”, un fenomeno molto più marcato oggi rispetto alla riunione del Consiglio direttivo della Bce dello scorso dicembre.
Lo segnala l’Eurotower nel Bollettino Economico spiegando che “ciò ha riflesso l’attenuazione dei timori per l’impatto economico della variante Omicron e le crescenti aspettative da parte degli operatori di mercato di un inasprimento della politica monetaria a livello mondiale, in particolare negli Stati Uniti”.
La data di rialzo del tasso di riferimento implicita nei mercati finanziari “sembra stata anticipata al terzo trimestre del 2022, rispetto alla fine del 2022, data attesa al tempo della riunione del Consiglio direttivo di dicembre”.
Tuttavia appare che qualcuno ai piani alti della BCE abbia cambiato passo. Un’inflazione al 5% nella zona euro non può lasciare indifferenti. Entro questa primavera partirà l’addio agli stimoli, a cominciare dal programma di acquisto titoli, con la ragionevole prospettiva di una prima stretta sui tassi al principio del 2023.
Possiamo quindi dire che la Bce sembra aver rotto gli indugi, aprendo la strada a una stretta monetaria anche se non nel breve termine; appare probabile che, nella riunione di marzo 2022, la Bce avvierà un graduale riassorbimento dei programmi di acquisto di titoli; quanto ai tassi probabilmente la BCE seguirà i futuri andamenti del tasso di inflazione.
C’è chi afferma che è assai improbabile che imiti la Fed nella sua possibile e quasi annunciata scelta di ridurre la dimensione del balance sheet. Quindi i margini di manovra non sono enormi.
Inoltre l’inflazione Europa (al contrario di quella USA) sembra essere più esogena (aumento nei prezzi dell’energia e conseguenze).
Molti esperti credono una leggera inflazione sia utile all’Europa, ma ciò potrebbe essere pericoloso per i paesi fragili, che sono pertanto ancor di più chiamati a varare riforme e investimenti (PNRR in prima linea).
Pertanto, una stretta della politica monetaria europea potrebbe compromettere le prospettive di sviluppo favorite dalle politiche della Bce, dalle politiche fiscali nazionali e dalla nuova politica fiscale accentrata.
M.R.
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