La fine del mondo a tasso zero – 28 Aprile 2022

Spesso le analisi si rivolgono allo stato di salute del mercato azionario. Ma questa volta la storia dei mercati obbligazionari da ottobre 2021 ad aprile 2022 è decisamente interessante.

Non c’è dubbio che esiste una forte volatilità di tutti i mercati finanziari, dovuta ai movimenti al rialzo dei tassi delle Banche Centrali, al balzo dell’inflazione e all’impatto economico e psicologico della guerra in Ucraina.

Facciamo il punto di quello che è successo nei mesi scorsi.

Verso la fine del 2021 la politica delle Banche Centrali era finalizzata ancora a sostenere un avvio della ripresa economica post pandemia; le stesse economie globali si trovavano probabilmente a metà del ciclo e le valutazioni dell’azionario rispecchiavano una fase di metà o fine ciclo.

In molti pensavano che nel 2022 si sarebbe sperimentata una maggiore volatilità e ci si preparava ad affrontare l’inasprimento delle condizioni finanziarie.

La strategia spesso adottata è stata quella di parcheggiare i rendimenti ottenuti, alleggerendo gli asset rischiosi, in attesa di un minimo intraciclico a favore del mercato obbligazionario. La strategia migliore sarebbe stata quella di ridurre la duration media in funzione dell’aumento atteso dei rendimenti dei titoli di Stato.

Aumento effettivamente sperimentato a dicembre e successivamente a gennaio e febbraio, quando la Fed ha cambiato la sua view sull’inflazione e la Banca d’Inghilterra ha effettuato il suo primo incremento sui tassi.

L’inflazione crescente ha innalzato la preoccupazione a livello mondiale e gli USA ormai vicini alla piena occupazione hanno reso nervosi i mercati che hanno iniziato a scontare sempre più aumenti dei tassi: a fine febbraio venivano già dati per certi sei aumenti dei tassi della Fed, stravolgendo qualunque previsione dei mesi precedenti.

Con queste premesse gli spread obbligazionari si sono sensibilmente ampliati ed il nervosismo sarebbe perdurato fino alle riunioni di fine marzo delle Banche Centrali che avrebbero fatto luce su eventuali successivi rialzi.

C’era anche la possibilità di registrare performance positive se si fossero diradate le nebbie sulla incertezza delle tempistiche dell’inasprimento dei tassi.

Ciò che ha cambiato lo scenario è stata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia con tutte le scelte di sanzioni economiche e finanziarie applicate dal mondo occidentale, associate all’ondata di vendite di evidente natura emotiva (data l’entità). Questo ha spinto gli spread al rialzo, i prezzi azionari al ribasso mentre per le materie prime è continuato il rally in salita.

Come molti analisti hanno già evidenziato, le sanzioni imposte alla Russia, avranno un effetto inflazionistico più ampio delle attese, almeno nei primi mesi, in uno scenario di prezzi già ai massimi da molti anni.

Questo è il dilemma delle banche centrali: la crescita subirà un ulteriore rallentamento accompagnata da una inflazione in aumento (stagflazione)? Molti sperano che i cinque o sei rialzi previsti a febbraio dai mercati per il 2022 possano ridursi in funzione dell’evoluzione del conflitto e delle ripercussioni sul commercio mondiale.

I più ottimisti prevedevano e prevedono una soluzione diplomatica e un cessate il fuoco in tempi relativamente brevi. Se dovesse succedere, probabilmente assisteremmo ad brusco rimbalzo dei mercati, una normalizzazione dei costi delle materie prime e l’attenzione puntata esclusivamente su rialzi dei tassi e lotta all’inflazione.

Ma sembra più realistico pensare ad proseguo del conflitto e un inasprimento ulteriore delle sanzioni accompagnato da ritorsioni più o meno credibili della Russia. Le materie prime potrebbero rimanere a prezzi elevati o crescere ulteriormente nel caso di embargo deciso in Europa.

Ciò avrebbe un impatto sulla crescita (riduzione di 2-3 punti percentuali), sugli indici di fiducia (consumatori e imprese) e sull’inflazione.

Qualcuno inizia ad ipotizzare un periodo di recessione, probabilmente quella cosiddetta a V (quella con un recupero veloce) ed in questo caso è logico aspettarsi politiche fiscali e monetari rapide per attenuare l’inflazione e stimolare l’economia.

I mercati sembrano aver già scontato molto di tutto questo e forse sono andati anche oltre.

Certamente è avvantaggiato colui che deve investire oggi, anche se nel breve termine non si può escludere altra volatilità; tuttavia gli attuali rendimenti elevati prospettici di chi compra oggi compensano le numerose notizie negative.

Per fare un esempio il rendimento dell’indice High Yield EU è intorno al 4.7% contro una media a dieci anni del 4% (ad ottobre 2021 il rendimento era al 2.3%); L’indice USA è oggi al 6% dal 3.6% di settembre.

In uno scenario di tassi in aumento i titoli di Stato sono i meno indicati come investimento rifugio.

Come dicono i tecnici, è preferibile il tratto a breve della curva dei titoli di Stato.

Tuttavia, a nostro parere, questo tipo di scelte potrebbero rivelarsi ormai tardivo e, forse, iniziare ad investire sulla duration potrebbe rivelarsi una buona scelta.

In altri termini la quantità di cattive notizie è talmente alta che iniziano a diventare più probabili quelle buone.

Secondo uno studio di PIMCO, i cali dei settori obbligazionari dall’inizio dell’anno sono circa i seguenti:

-7.5% del credito High Yield,

-9% dei titoli governativi

-10% delle obbligazioni societarie Investment Grade

-13% dei titoli emergenti in valuta forte

La curva statunitense sconta oggi ben DIECI rialzi dei tassi da 25pb fino al meeting della FED di febbraio 2023: in altri termini le valutazioni dei titoli obbligazionari incorporano non solo il rialzo dei tassi già effettuato dalla FED a marzo, ma anche tutti i rialzi che i mercati si aspettano da qui in avanti.

Al 20 aprile 2022. FONTE: PIMCO.

Questo spiega, come già detto, il brusco calo sperimentato dai mercati obbligazionari dall’inizio dell’anno.

Abbiamo dunque abbandonato un mondo a tassi zero?

A nostro parere probabilmente sì e, a fronte di un indebitamento generale causa pandemia, questa non è solo una cattiva notizia (per lo smaltimento dei debiti nazionali).

Lato investitore i prezzi attuali dell’obbligazionario ed i rendimenti attesi sono più interessanti rispetto a quello a cui siamo stati abituati negli ultimi anni e probabilmente è il caso di ricominciare ad inserire una componente di obbligazioni governative e difensive in portafoglio.

L’effetto TINA (“There Is No Alternative”) registrato nei recenti anni scorsi si sta esaurendo, almeno nei prossimi trimestri; si tratta come è noto della preferenza dell’azionario rispetto all’obbligazionario dati i rendimenti bassi o addirittura negativi che si registravano fino alla metà dell’anno scorso.

Il rischio tasso non è l’unico fattore di rischio da considerare quando si investe in obbligazioni. Infatti, al di là dei governativi, un altro importante fattore di rischio da considerare sono gli spread che si sono ampliati dall’inizio dell’anno a causa di un aumento dell’avversione al rischio.

Al 20 aprile 2022. FONTE: uno studio PIMCO

Come si può notare i livelli attuali di spread sono decisamente più elevati rispetto ai livelli di inizio anno e non è da escludere che si possa assistere ad un ulteriore incremento degli spread assieme ad un ulteriore storno dei mercati azionari.

La guida della sorte dei mercati è decisamente in mano all’inflazione, la cui repentina crescita ha penalizzato i prezzi obbligazionari e azionari; se dovesse sorprendere ancora al rialzo è ragionevole pensare che i mercati continueranno a soffrire.

Qualche analista ritiene che in questo scenario la scelta di attivi reali, come titoli legati all’inflazione o materie prime, sarebbe da preferire.

Magari sbagliando, restiamo però scettici rispetto a questa ipotesi. Preferiamo pensare nei prossimi 3-4 trimestri a tensioni inflazionistiche stabili o lievemente in discesa.

M.R.

Questo articolo si basa su dati di pubblico dominio ritenuti attendibili, ma suscettibili di modifiche improvvise. Intende proporsi come ausilio alla comprensione dei movimenti dei mercati finanziari. Non vuole essere in alcun modo uno strumento di analisi o uno studio, né intende sollecitare qualsiasi operazione di compravendita di prodotti finanziari. Si ricorda che ogni risparmiatore deve basare le sue decisioni d’investimento su una propria convinzione. Questo Blog si limita a presentare una sintesi delle opinioni diffuse sui mercati finanziari.

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