E’ possibile intravedere nel flusso interminabile di informazioni economiche e finanziarie che registriamo ogni giorno (spesso deludenti), una debole luce in fondo al tunnel?
A mio parere sì.
Alcuni dei settori che per primi si sono surriscaldati durante la pandemia hanno iniziato a raffreddarsi.
Esistono diversi segnali di rallentamento dell’inflazione che possiamo considerare anticipatori:
- in Corea del Sud, i dati sulle esportazioni relativi ai primi dieci giorni di ottobre sono in forte calo: -20,2% (Anno su anno);
- l’indice mondiale dei container (World Container Index) è sceso di un ulteriore 5,5% su base settimanale, il che porta il calo da inizio anno al 62%;
- Negli ultimi 7 giorni le tariffe di trasporto sulle rotte Shanghai–Genova e Shanghai–Rotterdam sono diminuite del 4% e del 3%; Il Drewry Container Index è sceso del 6% per container questa settimana, segnando il suo 33-esimo calo settimanale consecutivo. Nel complesso, l’indice è in calo del 65% rispetto alla stessa settimana dell’anno scorso.
- Possiamo dire che molte delle tariffe sono tornata quasi ai livelli pre-pandemia. Gli indicatori delle tariffe di spedizione ci inducono a pensare che nel 2023, con l’entrata in servizio di nuove navi, saranno possibili ulteriori ribassi.
- Il 13 ottobre il Financial Times ha pubblicato un articolo su IKEA che ha annunciato significativi tagli dei prezzi, dal 10% al 20%, su alcuni dei prodotti più popolari, in ragione “della diminuzione dei costi dei materiali e del trasporto”.
- Il 13 ottobre il sito Wolf Street ha pubblicato un dettagliato articolo sull’inflazione USA e sulle sue componenti evidenziando che il CPI (consumer price index) presenta una l’inflazione complessiva e quella core su livelli elevati e superiori alle attese, ma che questi dati sono imputabili all’incremento dei prezzi di abitazioni e servizi, mentre l’inflazione relativa ai beni di base ha raggiunto lo 0% month-on-month (MoM), con alcune categorie come abbigliamento, auto usate, beni educativi e trasporti che hanno evidenziato una inflazione negativa!
Tutto questo non basta per dire che siamo fuori dal tunnel, ma forse per dire che si vede la sua fine. Alcune delle aree che per prime avevano anticipato una crescita robusta dell’inflazione a metà del 2020 sono invece ora anticipatrici della fine di questo ciclo. Molti si aspettano che altre aree potrebbero a breve seguirne l’esempio.
Un’ulteriore dato appare interessante: una indagine condotta presso aziende statunitensi ha mostrato che le società che prevedono di aumentare i prezzi sono un numero minoritario ed inoltre che gli aumenti salariali previsti sono marginali.
Sul fronte finanziario, tuttavia, si evidenzia una crescente volatilità.
Ciò è dovuto a molta incertezza (questi segnali che abbiamo elencato non convincono tutti) ed alle evoluzioni geopolitiche.
Gli USA hanno un atteggiamento sempre più inflessibile verso la Cina: hanno introdotto dei regolamenti che limitano le esportazioni di semiconduttori e apparecchiature per la produzione dei chip (lo scopo è impedire alla Cina di produrre supercomputer per usi militari). Questa restrizione al tech riporta le relazioni Usa-Cina al 1990. Per non parlare delle tensioni per Taiwan.
In merito alla guerra in Ucraina, la Russia sembra perdere terreno e Putin si troverà a dover fare i conti con questa realtà oltre a scricchiolii interni, sopratutto dell’opinione pubblica in patria. Mikhail Khodorkovsky, magnate esiliato dalla Russia e ora leader dell’anti-putinista “Open Russia”, fa su Twitter un ritratto caustico della situazione in Ucraina: “La Russia è molto probabilmente il primo e unico stato al mondo in cui le persone fuggono non perché qualcuno abbia invaso il loro Paese, ma perché hanno invaso un altro Paese”.
Queste dinamiche si riflettono nella volatilità.
Il 14 ottobre l’indice azionario USA S&P500 ha subito una (a dir poco!) insolita oscillazione dopo il rapporto sull’inflazione di giovedì. “Poco dopo l’apertura, l’indice S&P 500 era sceso di quasi il 4% dai suoi massimi pre-mercato prima di mettere in scena un epico rally di oltre il 5%“, ha affermato in una nota Bespoke Investment Group che ha aggiunto “Anche in questo mercato ‘tutto o niente‘, inversioni di tale portata sono rare“.
E siamo arrivati al paradosso che una serie di profit warning o di comunicati sugli utili deludenti, hanno portato ad un aumento dei prezzi delle azioni!
(Perché? Notizie deludenti allontanano un futura e robusta stretta monetaria della Fed e, tanto per citare il titolo di questo articolo, fanno intravedere “la luce in fondo al tunnel”)
Mi sentirei di dire: se avete qualche soldo che vi avanza e che non vi serve per almeno i prossimi 24-30 mesi, io li metterei sull’azionario….
PS: il nostro articolo di aprile 2022 pronosticava il ruggito dell’inflazione. Si è trattato di un azzardo che oggi è nelle… bollette di tutti.
Credit: Immagine del titolo di Eric Dez • Tamarac/United States
M.R.
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